Nei 200 milioni di pile gettate ogni anno in Italia rimane una considerevole quantità d’energia: 900 mila kWh, secondo le stime – una quantità che corrisponde all’incirca all’energia prodotta da 50 mila pannelli fotovoltaici in un’ora.
È quanto emerge da una ricerca finanziata daDuracell e European Recycling Platform(Erp). Analizzato un campione di 12 mila pile raccolte da circuiti di riciclo in vari Paesi europei (Italia compresa), si è scoperto che una pila su tre viene buttata con ancora il 40% di energia disponibile al suo interno: un gesto, questo, dovuto spesso a un generale fraintendimento.
È quanto emerge da una ricerca finanziata daDuracell e European Recycling Platform(Erp). Analizzato un campione di 12 mila pile raccolte da circuiti di riciclo in vari Paesi europei (Italia compresa), si è scoperto che una pila su tre viene buttata con ancora il 40% di energia disponibile al suo interno: un gesto, questo, dovuto spesso a un generale fraintendimento.
«Oggi usiamo sempre più spesso strumenti high tech, come la fotocamera digitale, che richiedono tantissima energia», spiega Riccardo Fratticcioli, field officer di Erp, «e che possono smettere di funzionare con pile che contengono ancora il 60% di energia residua. Sprecare quanto rimane è un peccato, perché si tratta di energia che può far funzionare ancora a lungo una sveglia, un telecomando, un giocattolo per bambini o un piccolo apparecchio di questo tipo».
Accanto allo spreco di energia va segnalata la difficoltà relativa allo smaltimento, pratica ancora poco adottata dai consumatori. Pile e accumulatori esausti contengono metalli pesanti - come piombo, cromo, cadmio, rame, zinco e mercurio – che pur essendo presenti in minime quantità possono inquinare pesantemente l’ambiente (una pila che contiene un grammo di mercurio può inquinare 1.000 litri d’acqua).
«Con il decreto legislativo 188 del 2008», continua Fratticcioli, «è stata recepita la normativa europea che rendeva il produttore responsabile della gestione dell’intero ciclo di vita dei prodotti immessi sul mercato. Questo vale anche per le pile, e per la loro raccolta e il trattamento finali. Chiaro che però come prima cosa deve passare il messaggio che le pile non devono essere gettate nel residuo, altrimenti il danno all’ambiente e al portafogli è assicurato».
Secondo Giulio Rentocchini, presidente del Centro di coordinamento nazionale pile e accumulatori (Cdcnpa), «le pile portatili sono oggetti da cui la tecnologia sino a oggi è riuscita a ricavare pochissimo. Sono un’entità a costo, perché la pila va distrutta e smaltita per eliminare materiali dannosi per l’ambiente. Più ambiti sono gli accumulatori, perché dal loro trattamento si ricava il piombo, che può essere riutilizzato».
L’accordo siglato il 7 di novembre tra Cdcnpa e Associazione nazionale Comuni italiani (Anci) punta a rendere capillare e sistematica la raccolta sul territorio: un passo che, si crede, «porterà a grandi risultati».
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