Non si può prevedere. Quando i tagli superano il 2% del Pil il numero e gravità di incidenti sociali sale. L'allarme dell'economista George Magnus.
L'onda di proteste e tensioni sociali che hanno attraversato il Sud d'Europa - si pensi agli scontri tra manifestanti e polizia in Grecia - dal 2008 al 2011 ha perso intensità. Ma questo non significa che abbia smesso di rappresentare una minaccia per la stabilità delle nazioni del blocco a 17.
Dopo cinque anni di austerity, nell'area euro non si vedono miglioramenti. Ecco perché l'analista di Ubs George Magnus non si fida della calma apparente, in particolare ora che il caso di Cipro ha rimesso in luce la crisi di fiducia tra il popolo e le autorità europee. A Nicosia ieri sono poi andate in scena le prime vere proteste in strada, davanti al Parlamento.
L'economista ritiene che la rabbia che cova in pancia agli europei è tutt'altro che assopita e che potrebbe scatenarsi da un momento all'altro in episodi di violenza.
È storicamente provato, si legge nel report della banca svizzera, che “quando i tagli aumentano e superano il 2% del Pil, arrivando fino anche al 5% del prodotto interno lordo, il numero e la gravità degli incidenti provocati dalla tensione sociale sale nettamente".
È presto per sapere l'espressione e la forma che assumerà questo fenomeno. Meglio non fidarsi dell'attuale calma apparente, anche perché le ultime decisioni controverse prese dalla Troika (composta da Bce, Commissione Ue e Fmi), come quella relativa al prelievo forzoso dai conti bancari dei ciprioti, non hanno fatto che alimentare la tensione.
Il fermento sociale è un fenomeno che si potrebbe definire sistemico. Secondo un rapporto dell'Ocse, segue due criteri fondamentali: è incerto, complesso e ambiguo; ed è molto probabile che crei effetti a catena nei settori dell'economia e della società. Rischia di causare rivolte civili, la caduta di governi e talvolta portare a un completo cambiamento della struttura del sistema politico.
Fonte: wallstreetitalia.com
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