In quei giorni su Pechino si respirava un aria torbida, ammorbata dalle polvere sottili e da notevoli quantità di ossido di azoto, prodotto dalla combustione dei motori dei veicoli e delle fabbriche in continua attività. Il problema non riguarda solo la capitale Pechino, centro nevralgico della “locomotiva” industriale cinese, ma anche le altre grandi metropoli della Cina, sempre più urbanizzate, ammodernate e inquinante. Basta che si realizzano condizioni meteorologiche più stabili e con scarsa ventilazione nei bassi strati (tempo anticiclonico) per creare atmosfere surreali, impregnate di polveri sottili, monossido di carbonio, anidrite solforosa e ossido di azoto. Tutte sostanze che in alte concentrazioni possono risultare altamente nocive per l’organismo umano, producendo enfisemi, bronchiti e altre patologie che investono soprattutto le vie respiratorie. Purtroppo recenti studi, elaborati in base ai dati forniti dall’OMS, l’”Organizzazione Mondiale della Sanità”, hanno dimostrato che la Cina detiene il 40% delle morti da inquinamento registrate sulla Terra. Un dato spaventoso, non riconosciuto dal governo cinese, ma che mette in evidenza la reale portata del fenomeno. Nel frattempo, quasi quotidianamente, i cieli delle più grandi città cinesi vengono velati dal pulviscolo inquinante prodotto dalle polveri inquinanti, le quali tendono ad inibire la visibilità, favorendo spesso la formazione di foschie e nebbie che sono capaci di offuscare la coltre celeste per l’intera giornata. Alle volte questo mix di sostanze inquinanti presenti nell’aria può anche dare luogo alle famose “piogge acide”.
La nuvola d’inquinanti cinese ora comincia a preoccupare pure i paesi vicini, che sempre più spesso cominciano ad essere investiti dallo smog prodotto dalle fabbriche della Cina. Queste liberandosi nella media atmosfera tendono ad essere agganciate in quota dall’intenso flusso occidentale che regna lungo le medie latitudini, andando a spostarsi verso aree geografiche limitrofe al vasto territorio cinese. Su tutti il Giappone, dopo che lo scorso Febbraio una nuvola di sostanze inquinanti partita dall’est della Cina si è diretta verso l’arcipelago nipponico, determinando il superamento dei limiti di qualità dell’aria su molte città del Giappone centro-meridionale. Nel timore crescente di un imminente contagio le autorità di Tokyo hanno deciso di organizzare un vertice in cui dibattere delle soluzioni delle questiona, proprio con esperti e delegati del governo cinese, nonostante fra i due paesi da tempo i rapporti diplomatici si siano raffreddati a seguito della contesa delle isole Senkaku (che entrambi i Paesi considerano proprie). Nonostante ciò anche in seno al partito Comunista Cinese si è aperto un dibattito, per tentare di affrontare al meglio il problema dell’inquinamento che ormai tiene sempre più banco fra l’opinione pubblica cinese. Nel frattempo il governo, retto dal neo presidente Li Keqiang (di fresca elezione), ha garantito maggiori attenzioni sul tema dell’inquinamento, promettendo maggiori investimenti sull’eolico e solare e puntando verso una riduzione del 5% delle sostanze inquinanti. Ci auguriamo che non rimarranno solo buoni propositi da parte del nuovo predidente cinese.
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