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Zombie del XXI secolo: morti viventi e schiavi della moda

18 ott 2013 - La minaccia zombie come guida per le future interazioni: così come accadeva con gli “indiani selvaggi”, non c’è altro modo di trattare gli zombie se non distruggendoli. Come tutti sappiamo, da almeno qualche anno, gli zombie sono di moda in tutto il mondo. Film, videogiochi, giocattoli ecc. I morti viventi sono dappertutto. D’altronde, non parliamo del fenomeno voodoo sviluppatosi nel XVII secolo grazie agli schiavi neri portati alle Antille da Dahomey (in Africa Occidentale), i cui discendenti attuali continuano a praticare diversi rituali, comunemente detti “sànteria”, i quali hanno reso famosa Haiti come paese d’origine della credenza negli zombie. 

No, non parliamo di questo tipo di zombie, ma di una specie terrificante, creata da Hollywood, il cui successo nell’immaginario collettivo attuale merita di essere preso in considerazione. Quale è la causa di questa “febbre di zombie” che ci colpisce oggi? Perché gli zombie sono di moda? 
E’ singolare parlare di moda zombie. Il significato originale, sviluppato nelle Antille, era quello di un soggetto la cui volontà è a disposizione di uno stregone, un mago, che lo schiavizza senza che la vittima possa fare nulla contro questo letargo. La magia voodoo permetteva questo tipo di controllo a distanza di un corpo. In realtà, colui che non appartiene a sé stesso, e la cui volontà appartiene ad un altro uomo, è sempre stato per antonomasia la definizione dello schiavo: ci dice Aristotele, dal IV secolo a.C.: “schiavo è chi non appartiene a sé stesso”. Bene, potremmo comprendere lo zombie “antillano” sotto questa definizione, che comunque, mi sembra utile. Torneremo sull’argomento più in là. 
Pensiamo allo zombie attuale, quello che conosciamo tutti: lo zombie creato dalla grande industria cinematografica presenta delle caratteristiche degne di nota. La sua descrizione “etnografica” non sembra presentare grandi difficoltà: oltre ad essere un morto vivente, cioè un cadavere capace di muoversi, camminare ed anche correre (sconvolgendo l’ordine cosmico prevalente in qualsiasi società interessata a lasciare ben chiaro il confine tra vivi e morti), lo zombie hollywoodiano personifica tutte le caratteristiche più atroci immaginabili per la società occidentale: è cannibale, ha un appetito selvaggio per la carne umana viva, in più il contatto con la sua saliva è mortale e le sue vittime sono contaminate con lo stesso male, in modo da diventare anche loro zombie. Si tratta di cadaveri da assalto alla vita. 
Il colmo è che non operano in funzione di nessun principio razionale individuale: non hanno nessuna coscienza, sono automi costantemente alla ricerca di esseri umani da divorare. Non si può trattare con loro: non parlano e non sembrano avere volontà propria, non creano entità politiche o sociali riconoscibili, sono semplicemente masse di corpi indifferenziati, corrotti e corruttori, senza altro scopo che uccidere gli essere umani “normali” e renderli come loro. Forse quello che risulta più orripilante è che questo zombie, oltre alla carenza di coscienza, non ha nemmeno una volontà individuale: si tratta di un ente ridotto ad un semplice corpo putrido che si muove con la stessa logica di un esercito di formiche: non ci sono individui, solo masse. 
Peggio ancora, considerato che questi esseri sono già morti, non li si può neanche uccidere definitivamente, come sembra succedere in casi analoghi con nemici potenzialmente eliminabili (terroristi arabi, ribelli vietnamiti ecc.). Dal punto di vista bellico-hollywoodiano, può esserci qualcosa di peggio di un nemico che è già morto? 
Così, lo zombie unisce gli antichi terrori medievali con le vecchie paure del liberalismo borghese del diciannovesimo secolo, una paura degli altri che pose le basi alla fine del XVIII secolo verso le numerose popolazioni indigene il cui stile di vita risultava ( e risulta ancora) scioccante per il liberalismo borghese: la paura delle collettività “senza legge, lingua né Stato” (sappiamo tutti che non esiste uno Stato Zombie, non hanno un governo né una lingua, così come si diceva dei popoli americani); si avverte inoltre la paura verso i gruppi di persone nei quali il fattore individuale non è il più rilevante (e nella quale troviamo di nuovo traccia nella diversità indigena). D’altro canto, lo zombie include anche paure più moderne: la paura del contatto “infettivo” con quei popoli esotici che sarebbe meglio mantenere all’interno di un “recinto” sanitario, col fine di impedire che il loro stile di vita, usanze e idee “contamini” i propri ( e nel quale possiamo riconoscere facilmente il dispositivo di “recinto” sanitario applicato ai quartieri di operai nel XIX secolo o ai quartieri ebrei da parte dei nazisti, e ai tentativi di “contenere” le zone urbane “rosse” piene di prostitute e omosessuali). In una sola parola, lo zombie è un pericolo antropomorfo (come un extraterrestre malvagio) con il quale non si può trattare umanamente: è l’altro, sprovvisto di qualsiasi qualità umana (o dovremmo dire, qualsiasi qualità borghese). 
Alla fine, la minaccia zombie traccia una linea guida alle future interazioni: così come succedeva con gli “indiani selvaggi”del passato, non c’è altro modo di trattare con gli zombie che distruggerli. D’altronde, indigeni selvaggi e zombie si riproducono senza controllo. In questo modo, l’altro ( che sia l’indigeno amazzone, l’aborigeno australiano, il nero africano, e tutti quei popoli sfruttati dal capitale) diventa un pericolo mortale per la sopravvivenza del borghese ben educato. Oh, che tempi quelli in cui il potere coloniale poteva annichilire dei villaggi irrispettosi! A questa nostalgia, risponde l’emergenza dello zombie contemporaneo. Lo zombie dei nostri giorni offre all’odierna morale occidentale l’opportunità di abbattere senza rimorso delle moltitudini di persone. 
Dunque, la cosa più spaventosa del caso zombie è che sembra presentarci uno specchio crudele della nostra società capitalista. Vediamo: lo zombie, l’automa sconsiderato, colui che non appartiene a sé stesso, l’esempio più chiaro dello schiavo moderno: il Padrone diventato schiavo degli oggetti che costruisce, così come lo rivelò la filosofia hegeliana. Lo zombie automa dei nostri giorni ha molto da insegnarci sulla peggiore delle nostre paure: la paura che sia reale nella nostra vita. Si tratta, niente di meno, che dell’uomo alienato descritto da Marx, quello la cui auto-percezione, il cui auto-riconoscimento e la cui auto-coscienza sono attraversati, strumentalizzati e controllati da un altro, in questo caso il capitale. 
Un secolo e mezzo fa, Marx segnalava l’incanto mistico del capitale, che privava gli uomini della capacità di riconoscersi come soggetti, fabbri e creatori della loro propria realtà: le cose, la mercanzia e le capacità tecnologiche, sembravano assumere (per una umanità alienata, privata di sé stessa) la parte attiva della storia. Vediamo così il soggetto kantiano, senza dubbio il Padrone hegeliano, diventato ora oggetto delle sue stesse creazioni: il feticcio, l’oggetto, la mercanzia, il denaro: il Capitale diventato Padrone e Signore degli esseri umani, della Terra e di tutta la vita. Oggigiorno assistiamo come automi, come testimoni passivi, zombie, alle dimostrazioni più brutali del capitale e del suo feticismo tecnologico, il cui unico simbolo è il suo stesso progresso, la sua crescita, anche fosse senza vita e senza essere umani. Proprio come qualsiasi zombie, la voracità capitalista divora irreversibilmente la vita. 
Una società che ormai non compra per vivere, ma vive per comprare, che vive per lavorare, che vive per il capitale, è una società che non appartiene a sé stessa: è alienata. L’impotenza delle nostre società è simile a quella di una vite che guarda impotente il cammino verso il precipizio e la caduta della locomotiva alla quale è unita. Questo è solo il comportamento di un soggetto che crede di essere oggetto e prende gli interessi del capitale come propri. Una società zombie. 
Il problema è che l’ “infezione” di questo tipo di esistenza è già profondamente radicata: dalla pubblicità e la commercializzazione, fino all’elaborazione dei “profili” su Facebook, tutto ciò ha la capacità di eguagliare gli interessi dell’Io con gli interessi del capitale: compro, mi vendo, quindi esisto. Il veicolo principale grazie al quale il capitalismo inoculò questa non-coscienza zombie, fu proprio il piacere e l’auto soddisfazione dell’individuo, un individuo vorace, assetato di soddisfazioni immediate: paradossalmente, quanto più si esalta l’individualità e la preponderanza dell’Io, più lo si controlla, per cui è l’industria capitalista quella che ha investito di più per offrire i mezzi e la durata con i quali l’Io deve essere “adeguatamente” esaltato. Qui vediamo il soggetto convertito in schiavo degli oggetti che produce e consuma, soggetto alla dinamica e all’inerzia della sua industria. 
E’ così che il ritmo vertiginoso della civiltà contemporanea annichila la volontà di milioni di persone, obbligate a mantenere funzionante la macchina capitalista, anche se così ci si gioca la vita del pianeta. Una moltitudine automa che depreda senza coscienza e senza controllo, è proprio la caratteristica delle società di massa, la moltitudine alienata che consuma allegramente la droga che la uccide. Comprare, produrre, consumare, giudicare e mimetizzarsi con la massa, saranno le esigenze di questa volontà alienata che impone il suo ritmo vorace. Se per caso qualcuno distratto dimentica di comprare l’ultimo telefono alla moda, una moltitudine lo “divora” e lo obbliga a mimetizzarsi con essa, rendendolo alla moda come desidera il capitale. In questo senso, non ci sarebbe niente di più zombie della moda. O peggio ancora, niente di più zombie che la moda zombie. 
Israel Lazcarro Salgado
Fonte: www.lahaine.org
Link: http://www.lahaine.org/index.php?p=72342 
13.10.2013 
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DOMENICO VITALE

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