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Gli Yazidi e il culto degli angeli

C’è un popolo che è avvolto dal mistero e che sopravvive ancora oggi: è il piccolo popolo degli Yezidi. Fu Georg Gurdieff (v. “Incontri con uomini straordinari”) a testimoniare per primo agli occidentali qualcosa sulla sua religione misteriosa. Misteri come la paura degli yazidi di trovarsi chiusi dentro un cerchio disegnato per terra, come la loro religione che esisteva già prima del tempo di Abramo.

Attualmente esistono quasi 500.000 Yazidi nel mondo. Principalmente nell’area curda dell’Iraq. Il loro centro spirituale è Lalish, a nord di Mosul, ma si trovano anche in Armenia, in Georgia, in Turchia, Siria. In Europa, la Germania conta oggi la comunità più grande con oltre 30.000 persone.

Guardando la mappa del Kurdistan possiamo osservare che questa area include Gobekli Tepe, il Monte Ararat e quegli altopiani turco/iranici dove, in teoria, la civiltà rinacque dopo il Diluvio Universale

Al di là di tutte le speculazioni che ci sono state su questo popolo e sui tantissimi tentativi di screditarli, nella realtà di loro si sa ancora poco. I loro testi sacri non sono reperibili, le loro radici e tradizioni risalgono a oltre 4000 anni fa, il loro retaggio culturale eredita tradizioni di origine antico mesopotamica, sui culti di Ahura-Mazda, sulla religione dei Parsi e sul Zoroastrismo, condensa nella propria tradizione elementi di giudaismo cabalistico, di cristianesimo mazdeo e nestoriano e infine di misticismo islamico, con una forte influenza sufi.

il simbolo originale di Melek Taus include simbologia cuneiforme ereditata dall’epoca sassanide.

Ma perché sono cosi importanti?

In questo popolo c’è qualcosa di decisamente fuori dagli schemi che la storia testimonia: il culto arcaico degli angeli.

Oggi si parla di yazdismo soprattutto rispetto all’Islam, in quanto minoranza, religiosa ed anche etnica, in quanto rientra nel cosidetto ambito culturale curdo. Sotto l’impero ottomano vennero perseguitati crudelmente, e solo pochi anni fa Saddam non fu da meno, motivi per i quali il popolo Yazida è molto cauto nel divulgare il proprio retaggio culturale. Inoltre,  grazie anche al maestro ʿAdi, (Adi Ibn Mustafà) che nel 1162 riformò lo Yazdismo introducendo elementi islamici, la comunità yazida trova un suo equilibrio con il contesto religioso culturale che lo circonda. 

Tuttavia la loro tradizione spirituale è molto più antica e risale indietro di molti millenni. I Dasin – come essi si chiamano – affermano di essere gli unici veri discendenti di Adamo, celebrano profeti come Noè, Sem, ma anche Enoch e tra le pochissime scritture sacre, annoverano il Libro della Rivelazione, il Libro dell’Illuminazione e il misterioso Libro Nero (della Creazione), che viene conservato in segreto e di cui non si ha traduzioni.

Attualmente le comunità Yazide sono molto frammentate, ma conservano un ordinamento sociale tutto loro, molto simile a quello delle confraternite Sufi: si suddivide infatti tra laici (detti murīdān, che significa “aspiranti“) e iniziati, con varie categorie di diaconi e di inservienti, tra cui cantori (“Qawwāl”), danzatori (“Kočiak”) e confraternite di “faqīr” (chiamati anche “teste nere“).

Il termine, Yazid, in lingua pahlavi “Yazd”, significa “angelo”, mentre “Yezidi” significa “coloro che pregano gli angeli”. Nella loro spiritualità si tratta sia di demoni, che di angeli. Forse è un influsso dello Zorastrismo, il cui messaggio di fondo poggia sui concetti del bene e del male.

Raffigurazione sumerica (secolo XX a. C.) di Inanna dea della Luna e una delle sette divinità sumeriche. Emblematica la raffigurazione dell’entità alata di fronte a un uccello.

Nella tradizione delle religioni questa degli Yazidi potrebbe entrare all’interno del contesto della religione Mandaica (comunemente ritenuta anche questa una delle più antiche religioni monoteiste esistenti) se non fosse per il fatto che la principale entità venerata dagli Yazidi è Melek Tāūs, un angelo dalle sembianze di un pavone.

La figura di questo Melek Taus/angelo-pavone, è antichissima. Il culto si fonda sulla credenza di un dio primordiale, la cui azione è terminata con la creazione dell’universo. Melek Tāūs, invece, è un’entità divina attiva: funge da demiurgo. La sua funzione raccoglie in sé una valenza dualistica: la capacità di essere il fuoco della luce, come il fuoco che brucia – bene e male nella medesima espressione. In tal modo gli Yezidi spiegano come l’essere umano – avendo in sé le due medesime forze, porti con sé anche una piccola scintilla di Melek Tāūs.

Il Mausoleo dello Shaykh ‘Adī ibn Musāfir a Lalish, dove morì nel 1163, è meta di pelleggrinaggio degli Yazidi che lo considerano l’incarnazione di Malak Ta’us.

Gli Yezidi credono che da Dio giungano sia le forze del bene, che quelle malvage, e che l’uomo deve usare la sua mente per scegliere il giusto, come fece Melek Taus. Questa visione dell’uomo – rispetto alle religioni monoteistiche dominanti – si fonda quindi sulla sua possibilità di scelta individuale, probabilmente uno dei motivi per il quale il popolo Yazida venne  perseguito.

Pertanto la vita di ogni Yezida su questo mondo è considerata una prova, paragonabile a quella di Melek Taus, che venne ricompensato da Dio, perché quando ricevette il comando (insieme agli altri 7 angeli della creazione) di pregare per Adamo, egli si rifiuta per non andare contro l’ordine precedentemente ricevuto di pregare solo per il suo Dio, che lo creò dalla sua luce. Ed è in questa scelta che si distingue Melek Taus: mentre gli altri sette angeli pregano anche per Adamo, solo Melek Taus non lo fa, motivo per cui Melek Taus diventa il rappresentante di Dio sulla terra, come dicono gli Yezidi.

Questo aspetto di “purezza dell’intenzione” è un valore che si riflette in molte usanze Yazide, come l’utilizzo simbolico di vesti bianche che caratterizzano gli iniziati al culto e comunque molti degli adepti nelle loro funzioni spirituali.

Secondo gli Yazidi le malattie nella vita dipendono da una visione del mondo che ha una relazione distonica con il divino (Dio – le azioni – l’anima).

Fino a oggi gli Yezidi tradizionali credono che la malattia sia la conseguenza di un peccato. Nel caso di malattia essi vanno da un indovino, il “Kocek“. Essi gli raccontano la loro sofferenza e dopo una riflessione di alcune ore o una notte, in cui l’indovino sogna l’ammalato, egli può dirgli a quale santo rivolgersi attraverso l’applicazione della terra sacra di Lailish.

Alcuni di questi santi-entità sono: Sheikh-Mus e Sheikh-Hassan per quanto riguarda i polmoni e le malattie reumatiche, l’arcangelo Gabriel (Izraiel) per le malattie dell’anima, le entità Baba-Deen e Ama-Deen per i dolori al ventre, l’angelo Hagial per le malattie neurotiche, l’entità Sherf-Al Deen per le malattie della pelle.

la bandiera degli Yazidi

Il popolo Yazida non ha mai smesso di tramandare la propria tradizione religiosa, una tradizione spesso accusata e perseguita, forse perché ancora l’unica a tramandare un rapporto diretto dell’essere umano con la dimensione angelica.

Una tradizione tuttavia che gli Yazidi conservano – in modo sempre cauto e discreto – e che ha loro assicurato la sopravvivenza nei millenni. Qualcosa che pone lo Yezida decisamente fuori dagli schemi di far dipendere la sua vita spirituale da altri.

E se gli Yazidi fossero da considerare come gli ultimi custodi dell'eredità degli antichi dei? Come per esempio possiamo considerare i tibetani?

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Bibliografia per gli interessati:
- G. Furlani, Testi religiosi dei Yezidi, Bologna 1930
- M. Guidi, in Origine dei Yezidi e storia religiosa dell’Islam e del dualismo,
- Nuove ricerche sui Yezidi, in Riv. d. studi orientali, XIII, 1932;
- The Yazidis, past and present, di Isma’il Beg Chol, a cura di C. K. Zurayk, Beirut 1934
- Abbas Azzaoui, Histoire des Yézidi, Bagdad 1935

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