
Benché siano separati da decine di milioni di chilometri di spazio vuoto, tra Marte e la Terra esiste un misterioso legame. Tra i due pianeti si sono verificati ripetutamente scambi di materiali: i più recenti riguardano sonde inviate dalla Terra e sbarcate su Marte fin dall'inizio degli anni Settanta.
Inoltre, in base alle nostre conoscenze attuali, possiamo dire che grossi detriti rocciosi si staccano da Marte e cadono periodicamente sulla Terra.
Inoltre, in base alle nostre conoscenze attuali, possiamo dire che grossi detriti rocciosi si staccano da Marte e cadono periodicamente sulla Terra.
Nel 1997 una dozzina di meteoriti è stata identificata con assoluta certezza come proveniente da Marte in base alla composizione chimica. Uno di questi, ALH84001, fu rinvenuto in Antartide nel 1984. E' composto da sottili strutture tubolari per le quali, nell'agosto del 1996, gli scienziati della NASA hanno trovato la seguente, sensazionale definizione: «E possibile che si tratti di fossili microscopici di organismi simili a batteri vissuti su Marte più di 3,6 miliardi di anni fa». Nell'ottobre del 1996 gli scienziati inglesi annunciarono che era stato trovato un secondo meteorite di origine marziana,EETA7901, contenente a sua volta tracce chimiche di vita, in questo caso ancor più sorprendenti: «organismi che potrebbero essere vissuti su Marte in un tempo relativamente recente, cioè 600.000 anni fa».
Semi di vita
Nel 1996 la NASA inviò su Marte due sonde, Mars Pathfinder, un modulo di atterraggio con un veicolo telecomandato, e Mars Global Surveyor, un modulo orbitale. Dopo queste due missioni concluse con successo, tra il 1998 e il 1999 ci fu una serie di fallimenti: il Mars Climate Orbiter, il Mars Polar Lander e il Deep Space 2 della NASAnon portarono a termine la missione.
Nel 2001 la sfortuna finì con l'orbiter Mars Odyssey. Successivamente, nel 2003, la NASA inviò una coppia di rover gemelli. Il rover Spirit (MER-A) e e il roverOpportunity (MER-B). Entrambi effettuarono ricerche geologiche. Infine, nel 2005 fu spedita la sonda Mars Reconnaissance Orbiter (MRO), progetta per per condurre una ricognizione e una esplorazione di Marte dall'orbita, e nel 2007 è stata la volta delPhoenix Mars Lander, che ha fornito chiari indizi della presenza di acqua sul pianeta rosso.
Con scadenze temporali più lunghe si ipotizzano progetti colonizzazione (tipo il Mars Direct) e di terraforming, ossia «terraformare» il Pianeta Rosso. Questo implicherebbe l'introduzione di gas prodotti in serre e di comuni batteri provenienti dalla Terra. Nel corso dei secoli gli effetti termici dei gas e i processi metabolici dei batteri trasformerebbero l'atmosfera di Marte, rendendola abitabile da specie sempre più complesse o introdotte o evolutesi localmente. Quante probabilità ci sono che l'umanità riesca a «seminare» la vita su Marte? Apparentemente si tratta soltanto di trovare il denaro occorrente. La tecnologia necessaria per realizzare l'impresa, invece, esiste già.
Alcune ipotesi
Una teoria alternativa e più radicale, sostenuta da un certo numero di scienziati, è che la Terra sia stata deliberatamente «terraformata» 3,9 miliardi di anni fa proprio come ora noi stiamo accingendoci a «terraformare» Marte. Questa teoria presuppone l'esistenza di una civiltà evoluta sviluppatasi su una stella itinerante (oppure, più probabilmente, di molte civiltà di questo genere) che abbia percorso l'intero universo. Alla maggior parte degli scienziati, tuttavia, non sembra necessario chiamare in causa comete o alieni. Secondo la loro teoria, che è quella più ampiamente condivisa, la vita nacque sulla Terra accidentalmente, senza interferenze esterne. Inoltre, in base a calcoli sulle dimensioni e la composizione dell'universo accettati quasi unanimemente, risulta probabile che ci siano centinaia di milioni di pianeti come la Terra disseminati a caso attraverso miliardi di anni luce di spazio interstellare. Questi scienziati fanno notare quanto sia improbabile che, in mezzo a tanti pianeti ugualmente adatti, la vita si sia evoluta soltanto sulla Terra.
Perché non Marte?
Nel nostro sistema solare il pianeta più vicino al Sole, ossia il piccolo Mercurio sempre in fermento, è ritenuto poco adatto a qualsiasi forma di vita immaginabile. Lo stesso vale per Venere, il secondo pianeta in ordine di distanza dal Sole, dove nuvole tossiche si sprigionano per ventiquattro ore al giorno da una concentrazione di acido solforico. LaTerra è il terzo pianeta in ordine di distanza dal Sole. Il quarto è Marte, indiscutibilmente il più simile alla Terra tra i pianeti del sistema solare: l'inclinazione dell'asse marziano è pari a 24,935 gradi rispetto al piano della sua orbita attorno al Sole (l'asse della Terra è inclinato di 23,5 gradi); Marte compie una rotazione completa attorno al proprio asse in 24 ore, 39 minuti e 36 secondi (il periodo di rotazione della Terra è di 23 ore, 56 minuti e 5 secondi); come la Terra, è soggetto all'oscillazione assiale ciclica che gli astronomi chiamano precessione e, analogamente al nostro pianeta, non è una sfera perfetta, ma è leggermente schiacciato ai poli e il suo piano equatoriale è molto inclinato sull'orbita; al pari della Terra, ha quattro stagioni, ha calotte polari ghiacciate, montagne, deserti e tempeste di polvere e sebbene oggi Marte sia assolutamente gelido e invivibile, esiste la prova che, in tempi molto antichi, era vivo, con oceani e fiumi, e godeva di un clima e di un'atmosfera del tutto simili a quelli della Terra.
Questo implica che le forme di vita sono emerse sulla Terra in condizioni così circoscritte, particolari e uniche, e nello stesso tempo così fortuite, che non potrebbero essere riprodotte neppure in un mondo vicino appartenente alla stessa famiglia solare. E dunque quasi impensabile che si presentino in mondi alieni che orbitano attorno a stelle lontane. Per questo motivo l'argomento della vita su Marte dev'essere considerato come uno dei grandi misteri filosofia del nostro tempo. Ma è un mistero che, grazie alle rapide evoluzioni nell'esplorazione del pianeta, è destinato a esser presto risolto.
Tracce di vita
Finora ogni prova riguardante Marte si è basata sui seguenti quattro aspetti principali: 1)osservazioni dalla Terra per mezzo di telescopi; 2) osservazioni e fotografie da astronavi in orbita; 3) test chimici e radiologici eseguiti su campioni del suolo di Marte grazie ai landers della NASA (i cui risultati vengono ritrasmessi alla Terra per essere sottoposti ad analisi); 4) esame al microscopio di meteoriti dei quali sia nota la provenienza da Marte.
Alla fine del diciannovesimo secolo e all'inizio del ventesimo, l'uso di telescopi piazzati sulla Terra indusse a credere, con grande scalpore, che «su Marte ci fosse vita»: fu possibile affermare, infatti, che il pianeta era suddiviso da una gigantesca rete di canali di irrigazione che portavano acqua dai poli alle inaridite regioni equatoriali. L'autore di questa dichiarazione fu Percival Lowell, insigne astronomo statunitense. Tuttavia, la maggior parte degli scienziati ridicolizzò le idee di Lowell e negli anni Settanta le sonde della NASA Mariner 9 e Viking 1 e 2, in orbita attorno al pianeta, inviarono fotografie che dimostravano una volta per tutte che su Marte non ci sono canali.
Come abbiamo già visto, due dei meteoriti di Marte sembrano contenere tracce di microrganismi primitivi, anche se molti scienziati non condividono questa interpretazione. E invece meno noto il fatto che un certo numero di test eseguiti nel 1976 dai moduli d'atterraggio Viking risultò positivo anche agli effetti della vita. Dalle dichiarazioni che la NASA rese pubbliche a quell'epoca si trae l'impressione che il pianeta sia sterile, perché in nessuno dei due punti di atterraggio sulla sua superficie sono state trovate molecole organiche. Eppure, per quanto possa apparire sconcertante, i campioni di Marte hanno dato risultati positivi relativamente a processi come la fotosintesi e la chemiosintesi che normalmente sono associati alla vita.
Ma non bisogna sottovalutare l'operato dei moduli orbitali. Nei fotogrammi inviati dalMariner 9 e dal Viking 1 si possono vedere oggetti stranamente familiari interpretati da alcuni scienziati non solo come tracce di vita ma come la prova che un tempo, su Marte, sarebbe esistita una civiltà intelligente evoluta.
Le piramidi di Elysium
Le prime immagini anomale risalgono al 1972 e mostrano una zona di Marte nota comeElysium. Inizialmente a queste foto fu prestata scarsa attenzione. Poi, nel 1974, una breve notizia uscì sulla elitaria rivista Icarus. Scritto da Mack Gipson Jr. e da Victor K. Ablordeppy, l'articolo riferisce quanto segue:
"Sulla superficie di Marte sono state osservate strutture triangolari a forma di piramide. Situate nella parte centro-orientale della regione di Elysium, queste configurazioni sono visibili nelle fotografie del Mariner, in particolare nei fotogrammi, MTVS 4205-3 DAS 07794853 e MTVS 4296-24 DAS 12985882. Le strutture proiettano ombre triangolari e poligonali. A pochi chilometri di distanza si vedono coni vulcanici con i lati scoscesi e crateri da impatto. Il diametro medio della base delle strutture piramidali triangolari è approssimativamente di 3 chilometri, mentre il diametro medio delle strutture poligonali è approssimativamente di 6 chilometri".
[N.d.A.: Abbiamo tentato in tutti i modi di accedere alle immagini originali sui siti ufficiali della NASA, ma tutti i portali che riguardano la missione Mariner 9 e le immagini di riferimento hanno i server fuori servizio. Strana coincidenza! MTVS 4205-3 - MTVS 4205-3 - MTVS 4296-24 - MTVS 4296-24.
Un'altra immagine del Mariner, il fotogramma numero 4205-78, mostra con estrema chiarezza quattro piramidi massicce a tre lati. Nel 1977 Cari Sagan, astronomo della Cornell University, le commentò nel modo seguente: «Le più grandi sono larghe tre chilometri alla base e alte un chilometro, molto più grandi cioè delle piramidi sumere, egizie, o messicane. Sembrano molto antiche e sono forse solo piccole montagne erose dalla sabbia nel corso del tempo. Ma esse meritano - penso - un esame accurato».
Le piramidi e il «volto» di Cydonia
Le piramidi di Cydonia furono fotografate nel 1976 dal modulo orbitale Viking 1, da un'altezza di 1500 chilometri e vennero identificate per la prima volta nel fotogramma35A72 del Viking dal dottor Tobias Owen (ora professore di astronomia all'università delle Hawaii). Lo stesso fotogramma, che ricopre approssimativamente da 55 a 50 chilometri (l'equivalente dell'estensione di Londra con i suoi sobborghi), mostra anche molte altre configurazioni che potrebbero essere artificiali.
Un'occhiata superficiale coglie soltanto un'infinità di colline, crateri e dirupi. Gradatamente, però, come se si sollevasse un velo, l'immagine confusa incomincia ad apparire organizzata e strutturata, troppo intelligente per essere il risultato di processi naturali fortuiti.
Su scala decisamente più ampia, corrisponde alla visione che si potrebbe avere di certi siti archeologici della Terra se li si fotografasse da un'altezza di 1500 chilometri. Più lo si esamina da vicino, più appare evidente che potrebbe davvero trattarsi di un enorme insieme di monumenti in rovina sulla superficie di Marte. Particolarmente sorprendente è il «Volto» gigantesco simile alla Sfinge che la NASA ufficialmente liquida come un'illusione ottica, un gioco di luci e ombre.
Questa spiegazione incominciò a esser messa seriamente in discussione soltanto dopo il 1980, quando Vincent Di Pietro, esperto di informatica che collaborava con il Goddard Space-flight Center della NASA nel Maryland, scoprì un'altra immagine del Volto (fotogramma 70A13). Questa seconda immagine, acquisita 35 giorni marziani dopo la prima e in differenti condizioni di luce, rese possibili confronti di immagini e misurazioni dettagliate del Volto. Quest'ultimo, completo della sua caratteristica acconciatura, è lungo, a quanto pare, quasi 2,6 chilometri dalla corona al mento, è largo 1,9 chilometri e alto poco meno di 800 metri.
Potrebbe trattarsi di una piccola montagna, alterata dagli agenti atmosferici. Ma quante montagne hanno il lato destro e quello sinistro così simili, nella loro complessità? Gli esperti di analisi delle immagini sostengono che la «simmetria bilaterale» del Volto, che sembra simulare un aspetto naturale, quasi umano, non può essersi realizzata per caso. L'impressione, del resto, è confermata da altre caratteristiche che in seguito sono state identificate grazie a un miglioramento dell'immagine tramite il computer. Tra queste figurano i «denti» nella bocca, linee bilateralmente incrociate sugli occhi e strisce laterali regolari sulla testa, che fanno pensare, almeno stando a quanto sostengono alcuni ricercatori, alla nemes, il copricapo degli antichi faraoni egizi.
Secondo il dottor Mark Carlotto, esperto in elaborazione dell'immagine, tutte «queste caratteristiche appaiono in entrambe le immagini del Viking, tra le loro forme c'è una certa corrispondenza e strutturalmente sono parte integrante dell'oggetto; perciò non possono essere addebitate né a dicerie né ad artifici causati dal restauro dell'immagine o dalla tecnica usata per migliorarla». Ci occuperemo più dettagliatamente di Cydonia e del suo volto in un prossimo post, anche alla luce delle ultime immagini rilasciate dalla NASA che vorrebbero dimostrare che si tratti di un basso rilievo naturale.
Un improbabile miscuglio di anomalie
Lo stesso vale per la Piramide D&M (così chiamata da Di Pietro e dal suo collaboratoreGregory Molenaar, che la scoprirono). Questa struttura a cinque lati si erge a 16 chilometri circa dal Volto e, come la Grande Piramide d'Egitto, presenta un allineamento quasi perfetto nord-sud-asse di rotazione del pianeta. Il lato più corto misura 1,5 chilometri, il suo lungo asse si estende fino a 3 chilometri, è alta quasi 800 metri e si ritiene che possa contenere circa 2 chilometri cubi di materiale. Commentando la vicinanza del Volto e della piramide D&M, il ricercatore statunitense Richard Hoaglandpone una domanda esplicita: «Quante probabilità ci sono che su un pianeta così lontano e praticamente nella stessa collocazione esistano due monumenti dall'aspetto terrestre?».
Hoagland ha compiuto uno studio dettagliato dei fotogrammi 35A72 e 70A13 e ha identificato altre caratteristiche forse artificiali. Tra queste figurano il cosiddetto «Forte» con i suoi due tipici margini diritti, e la «Città», che descrive come «un insieme insolitamente rettilineo di strutture massicce disseminato di numerose piramidi più piccole (alcune formano un perfetto angolo retto con strutture più grandi) e persino di edifici più piccoli a forma di cono» Hoagland, inoltre, attira l'attenzione su un altro elemento scioccante che riguarda la «Città»: sembra che sia stata volutamente ubicata in modo tale che i suoi eventuali abitanti godessero di una vista perfetta del Volto, come se quest'ultimo dovesse inserirsi in una specie di rito.
L'impressione che si tratti di un grande centro rituale nascosto sotto la polvere del tempo è rafforzata da altre caratteristiche di Cydonia quali il «Tholus», un'altura massiccia simile alla britannica Silbury Hill, e la «Piazza della Città», un raggruppamento di quattro alture che ne circondano una quinta, più piccola. Questa configurazione particolare, che fa pensare a una croce di collimazione, risulta ubicata esattamente al centro di un lato della Città.
La convinzione di O'Kane è rafforzata dal fatto che «molte di queste strutture non sono frattali». In altri termini, grazie a computer del tipo normalmente usato nelle guerre dei nostri tempi per individuare e fotografare l'ubicazione di carri armati e artiglieria durante le ricognizioni aeree, si è constatato che i loro contorni sono stati delineati artificiosamente (non naturalmente). «Ci troviamo davanti, dunque», sottolinea Chris O'Kane, «a un improbabile miscuglio di anomalie. Allineamenti pianificati, divisioni in gruppi l'uno diverso dall'altro, e mancanza di frattali. Tutto considerato, dobbiamo ammettere che è decisamente insolito».
Cydonia ed Elysium non sono gli unici siti ad aver fornito prove fotografiche di strutture insolite e apparentemente artificiose. Altre configurazioni di Marte inequivocabilmente non-frattali comprendono una linea retta di quasi 5 chilometri, scandita da una fila di piccole piramidi situate sul margine di un cratere gigantesco, estese recinzioni romboidali nella regione polare meridionale, e uno strano edificio a forma di castello che culmina in una torre alta più di 600 metri.
Una gallerìa di misteri
Sagan si augurava che le successive missioni americane e russe su Marte si impegnassero in uno sforzo particolare per esaminare molto più da vicino le piramidi e quelle che alcuni chiamano la Faccia e la Città. Queste forme meritano di essere osservate con una risoluzione migliore. Fotografie molto più dettagliate della Faccia chiarirebbero senza dubbio problemi di simmetria e aiuterebbero a decidere fra le due ipotesi alternative della geologia e della scultura monumentale.
A differenza di Sagan, non pensiamo che immagini più sofisticate bastino a risolvere la questione. Finché gli astronauti non sbarcheranno su Marte ed esploreranno Cydonia, anche le migliori fotografie lasceranno probabilmente spazio ai dubbi, in entrambe le direzioni. La questione è resa ancor più complicata dal comportamento della NASA, le cui affermazioni sulle piramidi e sul Volto si sono rivelate spesso bizzarre e contraddittorie.
A causa della segretezza e talvolta anche della malafede da cui erano avvolte, queste dichiarazioni hanno inevitabilmente indotto alcuni osservatori a fare associazioni mentali tra i « monumenti» di Marte e la controversia sugli ufo (Roswell, «Area 51», presunti rapimenti a opera di alieni ecc.). Tutto ciò ha alimentato la sensazione ossessiva, e sempre più diffusa, che sia in atto una massiccia opera di insabbiamento da parte del governo.
La scienza non ha ancora spiegato come, perché, quando e dove la vita comparve per la prima volta. Ebbe inizio sulla Terra? E soltanto una possibilità. Risultò forse da una combinazione casuale di molecole nel «brodo primordiale»? Anche questa è soltanto un'ipotesi, così come lo è la concezione opposta, ossia che si tratti dell'opera di un creatore. La verità pura e semplice, come hanno riconosciuto i biologi Stanley Miller e Leslie Orgel, è che «non sappiamo come incominciò la vita».
In ogni caso, tutti sono concordi su alcuni punti fondamentali. Il più importante è che «la scoperta di acqua allo stato liquido è l'indizio essenziale della presenza di vita». Secondo gli scienziati l'acqua, in quanto solvente inerte, «è fondamentale per il ciclo biochimico. Szent-Gyorgyi l'ha definita 'matrice di vita'. In assenza d'acqua non può esserci vita né può aver inizio l'evoluzione darwiniana».
Nel regno di una scienza in cui le certezze sono poche, anche questa non è altro che una possibilità. Ciò nonostante, è un'opinione che proviene da una fonte attendibile e non abbiamo motivo di supporre che sia errata. Fino a quando, dunque, non emergerà una nuova prova che dimostri il contrario, e poiché sappiamo che vale per il nostro pianeta, sembra sensato riconoscere che l'acqua è probabilmente una pre-condizione necessaria per la nascita della vita in qualsiasi punto dell'universo.
Oggi su Marte non c'è vita, e il pianeta appare irrimediabilmente prosciugato e freddo, con una temperatura media di -23 gradi centigradi. Non c'è acqua allo stato liquido, ma soltanto acqua gelata sotto forma di ghiaccio. In effetti, con un clima di questo genere, l'acqua non può mantenersi allo stato liquido sulla superficie se non nei soli mesi dell'estate marziana, come è stato rilevato di recente dalla sonda MRO della Nasa. È stato dunque sconcertante scoprire, da quando è incominciata l'era dell'esplorazione dello spazio con astronavi che rimandavano fotografie dettagliate, che buona parte del pianeta mostra inconfondibili prove di antichi oceani, laghi e fiumi, di piogge copiose e di catastrofiche, gigantesche inondazioni che un tempo ne ripulirono radicalmente la superficie.
Ghiaccio, dune e tempeste
Anche nelle condizioni più favorevoli, l'osservazione al telescopio di Marte può dare risultati fuorvianti. All'inizio della primavera, quando le calotte polari incominciano a sciogliersi, ai loro margini compare un oscuramento diffuso della superficie, che poi gradatamente si allontana spostandosi verso l'equatore e attraversandolo con una striscia netta che crea un forte contrasto; infine si dissolve nell'emisfero opposto. Le onde, una in ciascun emisfero, viaggiano a una velocità apparente di 35 chilometri circa al giorno. La calotta polare meridionale di Marte, nel punto della sua massima estensione, si spinge tanto verso l'equatore quanto 50 gradi a sud. La calotta settentrionale si estende a una latitudine di 65 gradi nord, e molto più lontano rispetto all'equatore.
Misurando gli «spettri di riflessione» delle calotte, gli scienziati hanno scoperto in che cosa consistono. La calotta meridionale, di gran lunga la più fredda delle due, è fatta interamente di biossido di carbonio ghiacciato. La calotta settentrionale contiene quantità variabili di biossido di carbonio ghiacciato e mantiene invece un residuo permanente, pari a un'estensione di circa mille chilometri, di acqua pura allo stato di ghiaccio. Si ritiene che questa sia «la più grande riserva di acqua disponibile del pianeta».
Attorno ai ghiacci polari e anche sotto, praticamente invisibili, ci sono quelli che i geologi definiscono «estesi depositi stratificati». Si ritiene che siano stati portati dal vento, e appaiono attraversati da strette, sinuose vallate, e circoscritti dal più vasto deserto di dune di sabbia, o «erg», esistente nel sistema solare: «questo erg (vedi immagine) forma una striscia di sabbia soffiata dal vento tutto attorno alla calotta polare situata a nord. In questa regione le dune sono spettacolari per la loro regolarità che continua ininterrotta per centinaia di chilometri».
Di tanto in tanto sulla superficie di Marte si risvegliano spaventose tempeste. Per motivi non ancora chiariti, simili tempeste sono solitamente precedute da un periodo di improvvisa turbolenza locale in certe zone particolarmente predisposte dell'emisfero meridionale e, in quei casi, incredibili quantità di polvere vengono sollevate dalla superficie fino a un'altezza di diecimila metri nell'atmosfera. Venti impetuosi trascinano poi la polvere in ogni punto del pianeta, oscurandone rapidamente l'intera superficie. Infine, l'intensità della tempesta inizia a diminuire e nel giro di qualche settimana l'atmosfera si normalizza.
Caratteristiche straordinarie della superfìcie
Mentre la Terra è fatta di morbide linee curve, Marte è un pianeta dalle estremità frastagliate. Le sue valli sono le più basse del sistema solare, i suoi canyon i più profondi, i suoi vulcani i più alti. In mancanza del livello del mare, gli scienziati fanno riferimento, per stabilire le altitudini e le profondità di Marte, a un arbitrario «livello dato». La sommità del gigantesco monte Olympus, di origine vulcanica, che si trova a 27.000 metri sopra il livello dato, è il punto più alto del pianeta, mentre il fondo del sistema di canyon conosciuto come Valles Marineris, a 7000 metri sotto il «livello dato», è il punto più basso.
Il monte Olympus sembra una visione tratta da un libro di fiabe sinistre. Dai geologi è classificato come un «vulcano a scudo» e consiste in una crosta circolare di lava, con un diametro di 700 chilometri, che culmina in un cratere del diametro di 80 chilometri. Il margine esterno della crosta di lava, una circonferenza di quasi 5000 chilometri, è tracciato da scogliere a picco sulle pianure circostanti che si trovano 6000 metri al di sotto.
A sud-ovest del monte Olympus si trova il rigonfiamento di Elysium, un'immensa area di terreni elevati sovrastata da tre vulcani. Il più alto, il monte Elysium, raggiunge i 9000 metri al di sopra delle pianure circostanti. A sud-est del monte Olympus, a una distanza di 1600 chilometri, incomincia un'estensione ancora più ampia di terreni ondulati. Nota come rigonfiamento di Tharsis, raggiunge i 10.000 metri sopra il livello dato e si estende per oltre 4000 chilometri da nord a sud e 3000 chilometri da est a ovest - più o meno le dimensioni dell'Africa a sud del fiume Congo.
Anche questa regione è sovrastata da tre giganteschi vulcani a scudo - Arsia, Pavonis eAscraeus - che nel complesso sono noti come i monti Tharsis.19 Allineati lungo la dorsale del rigonfiamento di Tharsis, i loro picchi raggiungono i 20.000 metri sopra il livello dato e rimangono sempre visibili dall'astronave, anche durante le più intense tempeste marziane di sabbia.
Sul margine orientale del rigonfiamento di Tharsis Marte sembra esser stato spaccato da un cataclisma. In mezzo a un bizzarro insieme di canyon che si intersecano tra loro e di depressioni note con il nome di Labyrinthus Noctis, un profondissimo solco ad anse si apre nella superficie del pianeta e si allunga verso est -quasi parallelo all'equatore ma tra i 5 e i 20 gradi più a sud - per 4500 chilometri.
Dal margine settentrionale di questa zona caotica emergono i profondi canali di Simud Vallis, Tiu Vallis e Ares Vallis (il modulo di atterraggio Global Surveyor della NASA sbarcò nella Ares Vallis il 4 luglio 1997). Tutti questi canali sono molto larghi e lunghi e percorrono il suolo di un immenso bacino noto come Chryse Planitia dove vengono poi raggiunti da altri canali, in particolare il Kasei Vallis, che sbuca dal nord della sezione centrale dei canyon Marineris ed è lungo 3000 chilometri.
L'aspetto sorprendente di questi canali, riconosciuto da tutti i geologi, è la loro origine: infatti, possono esser stati creati soltanto da inondazioni che spostarono ingenti masse d'acqua. Queste inondazioni fluirono dall'emisfero meridionale di Marte a quello settentrionale a grandissima velocità perché scorrevano a valle.
Un pianeta spaccato in due
Uno dei grandi misteri di Marte è che ha due zone di rilievi montuosi perfettamente distinte e nettamente separate: gli altopiani meridionali, massicciamente craterizzati, che in gran parte si estendono a 2000 o più metri sopra il livello dato, e i basso-piani settentrionali relativamente lisci e senza crateri, la maggior parte dei quali giace ad almeno 1000 metri sotto il livello dato. L'altopiano e il bassopiano occupano approssimativamente un emisfero ciascuno, ma questi coincidono soltanto a grandi linee con gli attuali emisferi settentrionale e meridionale di Marte. Così spiega il geologo Peter Cattermole: «La linea di divisione che separa queste due zone elevate descrive un grande cerchio inclinato approssimativamente a 35 gradi rispetto all'equatore marziano».
Questi crateri, insieme a un terzo, Isidis, sono i più larghi esistenti su Marte. Ma il pianeta possiede innumerevoli altri crateri con un diametro di 30 o più chilometri, molti dei quali, compreso uno al polo sud, sono mostruosamente grandi: superano infatti i 200 chilometri di diametro. Nel complesso, oltre a decine di migliaia di crateri più piccoli con il diametro che misura al massimo un chilometro, su Marte sono stati contati 3305 crateri larghi più di 30 chilometri.
E' difficile spiegare perché 3068 di essi, cioè il 93 per cento, si trovi a sud della linea di divisione; soltanto 237 crateri di questa ampiezza sono stati trovati a nord della linea di divisione. Ugualmente curioso è il fatto che l'emisfero senza crateri sia tanto meno elevato (è infatti più basso di parecchie migliaia di metri) rispetto alla parte craterizzata.
La causa di questa divisione bassopiano-altopiano, come osserva il geologo Ronald Greely, «rimane uno dei principali problemi irrisolti di Marte». L'unica certezza è che a un certo punto della sua storia il pianeta fu afflitto da un cataclisma di dimensioni quasi inimmaginabili. Nel prossimo articolo indagheremo le cause e le conseguenze di questo evento catastrofico che, secondo un certo numero di scienziati, potrebbe anche esser stato la causa della scomparsa dell'atmosfera congeniale a Marte esistente in precedenza e delle sue abbondanti risorse di acqua allo stato liquido.
Acqua, acqua dappertutto
Da segni inconfondibili si deduce che molti dei crateri più grandi e profondi di Marte nel raggio di oltre 30 chilometri si sono formati quando il pianeta aveva un ambiente umido e caldo. Hellas, Isidis e Argyre in particolare hanno margini bassi e indistinti e il fondo piatto: queste caratteristiche, secondo molti autorevoli scienziati, dimostrano che la loro formazione risale a quando Marte aveva ancora un'atmosfera densa, era soggetto a una rapida erosione e possedeva un campo magnetico più forte che non oggi. Allo stesso modo sulla Terra crateri di grandi dimensioni scavati dall'erosione «possono integrarsi nel paesaggio in un periodo di alcune centinaia di anni al punto da diventare praticamente irriconoscibili dall'ambiente circostante».
Marte probabilmente aveva un'atmosfera originaria con la stessa pressione in superficie che ha attualmente la Terra, e di conseguenza con una temperatura superficiale più elevata, al di sopra di quella del punto di fusione del ghiaccio. L''ipotesi è che l'atmosfera sia stata spazzata via da ripetuti impatti con asteroidi. Dal momento che la forza di gravità su Marte è molto debole, è facile, per la nube di vapore che si espande da un maggiore impatto, distruggere tutta l'atmosfera spaziale che si trova nei pressi.
La fine improvvisa di un ambiente lussureggiante
Benché scritto nell'arido linguaggio della scienza, le ultime scoperte riportate dalla sondaMRO sulla presenza di acqua corrente sulla superficie di Marte durante la stagione estiva, che il Pianeta Rosso un tempo può aver avuto un clima umido e relativamente caldo, e forse addirittura un ambiente adatto a forme di vita superiori, ma ribadisce anche che questo tipo di situazione sembra esser stato stravolto all'improvviso.
A chiara dimostrazione dell'esistenza di tempi in cui l'atmosfera marziana era più calda e umida, uno dei meteoriti studiati dalla NASA rivelò effettivamente un contenuto di alcuni milligrammi di acqua allo stato liquido (la gocciolina è ora conservata ed esposta in una fiala di vetro sigillata). Inoltre, è stato calcolato che su Marte, attualmente, «può esistere acqua ghiacciata nel sottosuolo fino a una profondità di 200 metri». Alcuni indizi fanno anche pensare che, a una certa profondità, vicino agli strati interni di magma fuso del pianeta, ci siano sorgenti calde sotterranee.
Uno degli aspetti più sconcertanti della geologia di Marte è il ruolo che l'acqua ha giocato nell'evoluzione del pianeta. Un'inondazione catastrofica diede forma alle sue pareti lisce e scavò anche «caverne sotterranee profonde molte centinaia di metri» e incise isole affusolate «a forma di goccia» lunghe, da un'estremità all'altra, 100 chilometri.
L'inondazione procedeva molto velocemente: così rapidamente da fornire punte di portata di milioni di metri cubi al secondo. Neppure l'atmosfera densa della Terra può fornire acqua abbastanza velocemente da causare simili portate da aree di raccolta d'acqua di dimensioni analoghe. Soltanto i crolli delle dighe hanno causato flussi di macro-erosione significativi. Si è calcolato anche il volume di acqua necessario a tagliare i canali: doveva essere enorme. Peter Cattermole ritiene che sia stato pari a un oceano globale profondo più di 50 metri. Michael Carr del Geological Survey statunitense propende invece per qualcosa di simile a un oceano profondo 500 metri.
Un'altra grande inondazione avvenne nella Ares Vallis. Le fotografie inviate dal modulo d'atterraggio Pathfinder della NASA nel luglio del 1997 mostrano che, un tempo, questo immenso canale «era colmo di acqua ribollente per chilometri e chilometri».50 Michael Malin, scienziato ideatore del Pathfinder, afferma: «Deve esser stato imponente. Paragonabile al diluvio che riempì il bacino del Mediterraneo sulla Terra».
In diversi punti, su Marte, sono stati identificati depositi stratificati di materiali sedimentari dello stesso genere che si trova nei laghi terrestri più vasti. In alcuni luoghi questi depositi hanno uno spessore di 5000 metri, il che conferma non solo l'esistenza su Marte, un tempo, di un'atmosfera densa e calda in cui l'acqua poteva sussistere allo stato liquido, ma attesta anche che l'acqua dev'essere stata presente sul pianeta per un periodo di tempo particolarmente lungo durante il quale si sono verificati processi di sedimentazione simili a quelli della Terra.
I litorali di Cydonia
È opinione generalmente condivisa che miliardi di anni fa prevalessero queste condizioni climatiche calde e umide. Tuttavia, secondo Harold Masursky del Geological Surveystatunitense, su Marte vi fu acqua allo stato liquido «fino ad alcuni milioni di anni fa». In Gran Bretagna, Colin Pillinger e il suo gruppo si sono spinti oltre. Il loro studio dei meteoriti di Marte dimostra che l'acqua allo stato liquido e una forma di vita primitiva possono essere esistite sul Pianeta Rosso fino a 600.000 anni fa. Altri ricercatori, propendono per un lasso di tempo ancora più recente: un grande cataclisma avrebbe colpito Marte privandolo violentemente della sua atmosfera e dell'acqua meno di 17.000 anni fa!
Gli esperti sono sempre più inclini a credere che, oltre a laghi estesi, «un tempo, su Marte, forse esistevano anche delta e mari». David Scott del Geological Surveystatunitense ha esaminato «canali sinuosi, sfioratori e sbocchi d'acqua, lidi, terrapieni, depositi e litorali» in un certo numero di bacini situati nelle regioni di Elysium, Amazonis,Utopia, Isidis e Chryse, e li ha attribuiti alla presenza di laghi e mari esistenti in precedenza.
Ritiene che il bacino di Elysium un tempo fosse pieno d'acqua fino a una profondità di 1500 metri. Analogamente, Vie Baker e gli scienziati dell'Università dell'Arizonaipotizzano che un grande oceano ricoprisse, un tempo, buona parte dell'emisfero settentrionale e avvalorano la propria teoria con la prova dell'esistenza di antichi litorali nelle basse pianure settentrionali. Simili caratteristiche sono state riscontrate a una latitudine di 41 gradi nord e a una longitudine di 9 gradi ovest, e vicino alle cosiddette «piramidi» e al «Volto» di Marte nella regione di Cydonia.
Secondo un geologo dell'ambiente, James L. Erjavec, questa regione, che giace a nord-est di Chryse Planitia, include zone che hanno caratteristiche specifiche dei litorali, aree in cui c'è erosione e potrebbero verificarsi frane ai margini di un litorale e altre ancora in cui il materiale roccioso potrebbe esser stato eroso fin sotto la base della scogliera, e il sedimento si sarebbe riversato in esso. Alcune configurazioni provocate da erosione sono indizi sicuri della presenza, in passato, di acqua in quantità enormi. Ma a quando risalgano, nella storia di Marte, è ancora da verificare.
La superficie di Marte è un misterioso puzzle. Tra i suoi strati è scritta la storia della morte di un mondo. Può essere che non ci si debba inoltrare in un passato risalente a miliardi di anni fa e il destino che gravò su Marte, forse, non lasciò completamente indenne neppure la Terra. Continua...
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