Fino a poco tempo fa, era annoverata tra gli Stati modello dell'Unione Europea. Le cose sono però cambiate, visto che la Slovenia si trova ad affrontare una rischiosa situazione economica, oltre che politica. Con la possibilità di dover ricorrere all'aiuto di Bruxelles per evitare il default. Entrata nell’area euro il 1 gennaio 2007 con una pagella di tutto rispetto, oggi il Paese verte in enormi difficoltà, accompagnate da un conflitto all'interno dell'esecutivo di Lubiana. Una situazione che si è ulteriormente complicata in questi giorni, quando Gregor Virant, leader di Lista Civica, uno dei cinque membri della coalizione di governo, ha rotto l'alleanza con il premier Janez Jansa, dimettendosi e trascinandosi anche i due ministri di Giustizia e Finanze. Motivo di tale scelta? Le mancate dimissioni del premier di governo di
centro-destra, dopo rivelazioni su presunte irregolarità finanziarie. Venendo meno la maggioranza per governare, è necessario tornare alle urne. Una scelta poco saggia, secondo il premier, che "condurrebbe la Slovenia in un limbo per diversi mesi. E questa volta il Paese finirà in bancarotta". Prima del voto, secondo Jansa, è necessario approvare un pacchetto di leggi anti crisi - la cui discussione in Parlamento è prevista a febbraio - per evitare di chiedere aiuti alla Ue. Aiuti necessari a causa del flop delle banche del Paese: il caso più grave appartiene alla Nova Ljubljanska Banka (NLB), controllata al 64% dallo Stato, con i suoi 2,1 miliardi di euro di debiti. In problemi seri vertono anche la Nova Kreditna Banka Maribor (NKBM) e Abanza (600 milioni di euro di sofferenze ciascuna), anch’esse entrambe con lo Stato come azionista di maggioranza. Solo qualche mese fa, con grande fatica, il governo Jansa era riuscito a far approvare la legge sulla costituzione di una bad bank in cui fare confluire i crediti non riscossi di questi istituti, per agevolarne la privatizzazione. Ma con una maggioranza di governo così sofferente, difficile che l'iter legislativo verrà portato a termine, incidendo negativamente sui tassi di interesse - applicati ai bond sloveni denominati in dollari in scadenza nel 2022 - che da ieri sono cresciuti di 4 punti base, al 5,18%. Frattanto, continuano gli scioperi e le proteste degli operai, dei disoccupati e degli studenti contro i tagli alla spesa pubblica imposti dalla UE. La scorsa settimana il Paese si è fermato per giorni in seguito alla protesta del pubblico impiego, ma anche del settore privato dell’elettronica e dell’acciaio. Scuole, ospedali e uffici pubblici chiusi e migliaia di cittadini nelle piazze delle principali città a manifestare contro la politica anti-crisi messa in atto dal governo. Secondo recenti stime, l'80% degli sloveni non appoggia il governo attuale, ma mentre il 46% è favorevole alle elezioni anticipate (anche a costo di un rallentamento delle riforme) per 40% è necessario rimanere con l'attuale esecutivo, ma senza Jansa.
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Europa: "Lasciate ogni speranza voi che v'entrate", Slovenia a rischio fallimento!
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