"Trovandoci in una situazione in cui una guerra potrebbe scoppiare in qualsiasi momento, non c'è bisogno di mantenere le comunicazioni militari tra Nord e Sud", dichiara la Repubblica Democratica Popolare di Corea tramite la Korean Central News Agency, e precisa che qualunque dialogo, d'ora in avanti, sarà sospeso. Il Dipartimento della Difesa statunitense intanto fa sapere che considera la mossa di Kim Jong-un un nuovo passo "provocatorio e non costruttivo".
Leonid Petrov, esperto di storia e società coreana dell'Università di Sydney, intervistato da Al Jazeera si dice dubbioso all'ipotesi che la Corea del Nord sferri l'attacco iniziale, considerati mezzi e capacità militari di cui dispone, ancora decisamente inadeguati a fronteggiare la superpotenza statunitense.
Petrov ritiene l'atteggiamento adottato da Pyongyang un modo per cercare attenzioni, per il fatto di sentirsi trascurata dalla comunità internazionale. Soprattutto, Kim Jong-un brama affermarsi attraverso un gesto plateale, dato che dal suo insediamento al potere il 18 settembre 2011, alla morte del padre, non è ancora riuscito ad acquistare il consenso assoluto del popolo. Lanciando intimidazioni mondiali a nome del Paese, perciò, conta di riuscirci.
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