Gli agenti delle società di recupero, dice il Rapporto 2013 (scarica), hanno ormai tra le mani 3 milioni di pratiche al mese relative a debiti non pagati da famiglie e imprese che faticano sempre di più a onorare le proprie obbligazioni e rimborsare i prestiti contratti, in una situazione che assume sempre più i contorni dell’emergenza sociale. Veniamo ai numeri. L’ammontare di crediti scaduti e non pagati affidati alle aziende di riscossione è salito a 35 milioni di pratiche affidate, due in più rispetto al 2011 che equivale a un balzo del 6%. L’ammontare dei sospesi nei confronti di banche, finanziarie e multiutilities ha raggiunto quota 34 miliardi (33,7 per l’esattezza), con un incremento nell’ultimo anno del 17% e addirittura del 48% rispetto al 2010, quando la quota debito era pari 23 miliardi. In pratica nel giro di due anni, gli ultimi, la montagna dei debiti è raddoppiata. Le pratiche relative alle sole famiglie sono 29 milioni, pari a 24 miliardi di euro.
La composizione indica in 25,4 miliardi le pendenze con il settore bancario e finanziario relative a rate di prestiti, acquisto di beni di largo consumo, rate di mutui, scoperti bancari, certe di credito revolving e canoni leasing. Bollette insolute per beni di prima necessità come luce, acqua, gas e telefono pesano per 14,6 miliardi. A questa situazione, di per sé allarmante, va aggiunto il dato che segnala un mutamento significativo, anche dal punto di vista del costume sociale, del forte ritorno all’uso delle cambiali. Il loro numero è aumentato del 5% rispetto al 2011 e, addirittura, del 44% rispetto al 2009, mentre il loro ammontare complessivo ha fatto registrare un +2% rispetto al 2011 e un +17% rispetto al 2009. Anche i protesti sono in crescita da ormai 5 trimestri consecutivi. Quanto alla distruzioni, i più indebitati d’Italia sono i lombardi (13%), i laziali (8%), mentre le regioni più “virtuose” sono la Basilicata, Molise e Trentino. “Un dato che, ovviamente, risente dell’entità della popolazione dei territori, anche se – nelle aree più critiche e nelle regioni con situazioni socio-economiche più difficili – si rileva un tasso di recupero dei crediti decisamente minore”, dice il Rapporto che chiude con una previsione ancor più fosca: i volumi da recuperare il prossimo anno potrebbero salire di un altro 10%.
L’ultima cattiva notizia è che, nonostante l’aumento dei crediti insoluti, le previsioni di incasso dei recuperatori professionali sono negative: aumenta cioé il differenziale tra affidamenti ed effettivi recuperi (-11%). E questo è un bel problema. Il rischio è infatti di rendere più aggresive le azioni di recupero, con modalità e approcci che violano il codice della Privacy e integrano reati fino all’estorsione. In altre parole l’agente della riscossione che ha poco da perdere sfila i guanti di velluto e inizia a tempestare il debitore di telefonate, visite domiciliari, magari minacce di pignoramento senza neppure un’ingiunzione in corso. Sul punto, già al centro di polemiche, il presidente di Unirec Gianni Amprino fornisce alcune rassicurazioni. “Il circuito della agenzie aderenti all’associazione è composto di circa 200 società che corrispondono al 90% dell’attività di recupero. Tutte operano con regolare licenza rilasciata dal Ministero tramite le prefetture, sono vigilate dalla Banca d’Italia e collegate alle associazioni dei consumatori con le quali è in corso da tempo una proficua e continua collaborazione, proprio per evitare abusi. Anzi, noi siamo i primi a chiedere ai debitori di segnalarci eventuali comportamenti non corretti. Magari al numero verde 800171019 che abbiamo appositamente allestito”. Ma gli operatori del recupero credito sono un migliaio, moltissime le Srl che non hanno aderito all’associazione di Confindustria e tuttavia operano nel mercato della tutela del credito. E qui il rischio che la riscossione travalichi la misura si fa altissimo. .
di Thomas Mackinson -
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