Un reperto di grande interesse storico è stato infatti rinvenuto in questi giorni durante gli scavi di Mastarna, la società che gestisce il sito archeologico di Montalto di Castro.
Si tratta di un sigillo egizio a scarabeo risalente alla XXV-XXVI dinastia (746-525 avanti Cristo), rinvenuto nella necropoli dell'Osteria, lo stesso sito dove recentemente era stata già scoperta la tomba della Sfinge.
"Una scoperta che potrebbe contribuire a riscrivere la storia degli Etruschi e dei loro rapporti con il Mediterraneo orientale, aprendo nuovi orizzonti di ricerca" spiega la soprintendente ai Beni archeologici dell'Etruria meridionale, Alfonsina Russo.
Le indagini, hanno portato alla luce un settore ricco di sepolture, dal quale provengono vasi ed altri oggetti che furono deposti accanto ai defunti per accompagnarli nella vita ultraterrena.
Il sigillo, databile fra il primo e il secondo quarto del VII secolo a. C., è stato riportato alla luce nei giorni scorsi dagli scavi diretti dalla soprintendenza e coordinati da Patrizia Petitti, direttore del Museo di Vulci, e da Carlo Casi, direttore di Mastarna, la società che gestisce il sito archeologico di Montalto di Castro.
Nella necropoli, in tempi recenti, era stata già scoperta la tomba della Sfinge e ora si stanno indagando proprio le grandi tombe a camera, realizzate fra il VII e il III secolo a. C.
Da lì proviene lo straordinario scarabeo-sigillo, attualmente in fase di studio, che riporta un cartiglio e il segno "HR", del dio falco Horus, insieme alle iniziali "NB", che secondo gli studiosi rimanderebbero al faraone Nekao I (672-664 a. C.).
L'oggetto ritrovato serviva a imprimere i decori sui bolli di argilla destinati a sigillare grandi vasi, cofanetti, casse o rotoli di papiro.
"Si tratta di una scoperta straordinaria, unica nel suo genere", spiega Russo. "Se a Tarquinia, infatti, era già stata rinvenuta una fitula egizia risalente alla fine dell'VIII secolo a. C., uno scarabeo-sigillo come questo qui non si era mai visto".
Il ritrovamento, da un lato, conferma l'importanza della necropoli dell'Osteria e, dall'altro, la ricchezza della vita e degli scambi commerciali dell'aristocrazia di Vulci tra l'VIII e il VI secolo a. C., periodo di massimo splendore degli etruschi nella zona.
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