Il settore è in gran fermento. A guidare il consolidamento sono i gruppi americani, mentre l’Europa si difende con Vodafone. Mentre la Penisola deve pensare ai debiti del suo ex monopolista
di Andrea Giuricin -
La battaglia è globale ed è solo all’inizio. Non sono solo le telecomunicazioni ad essere al centro di una nuova ondata di fusioni e vendite, ma è un unicum che coinvolge anche internet, la produzione di cellulari, software per smartphone e passa anche attraverso l’e-commerce.
Dopo l’acquisto di Nokia Devices da parte di Microsoft e la vendita di Verizon Wireless da parte di Vodafone si potrebbe pensare che l’ondata di “movimenti” all’interno di questo “nuovo” mercato sia finita; ma non è così. Solamente in Italia, i rumors indicano grandi cambiamenti. Si sussurra tra gli analisti che Vodafone Italia possa essere interessata ad acquistare Fastweb e questa convergenza fisso-mobile è del tutto naturale. Inoltre Vodafone, dopo la vendita di Verizon Wireless ha una liquidità importante in cassa.
D’altra parte vi è Telecom Italia che è da anni in attesa di un cambiamento e proprio a fine mese scade il patto che lega Intesa SanPaolo, Generali, Mediobanca e gli spagnoli di Telefonica alla holding di controllo, Telco. Prima della scadenza, il 19 settembre, è prevista una riunione del cda che potrebbe sancire la separazione della società in quattro divisioni controllate da un’unica holding. Obiettivo: cercare di creare valore.
La società, com’è noto, ha bisogno di nuove risorse e deve evitare che il suo colossale debito possa subire le conseguenze di un non improbabile taglio del rating. Nei giorni scorsi è tornato d’attualità il possibile ingresso del miliardario Nagwib Sawiris (ex proprietario di Wind) nell’azionariato con un aumento di capitale di almeno due miliardi. I più avvantaggiati, però, sono gli spagnoli di Telefonica, oggi primi azionisti di Telco che a sua volta controlla il 22,5 per cento di Telecom Italia. La loro offerta è sul tavolo da qualche giorno e i dettagli sono attesi a giorni.
Anche gli spagnoli, che hanno un diritto di prelazione sulle azioni Telco, però, sono oberati dai debiti, 50 miliardi di euro in questo caso. E l’acquisto di Telecom Italia comporterebbe un aggravio di ulteriori 30 miliardi. Se Telecom passasse a Telefonica, poi, gli spagnoli si troverebbero obbligati a vendere Tim Brasil, la gallina delle uova d’oro dell’azienda italiana, per evitare una posizione monopolistica sul mercato brasiliano. E qui potrebbe intervenire Carlos Slim, uno degli uomini più ricchi al mondo, nonché proprietario di America Movil ed ex pretendente respinto di Telecom.
Il risiko, però, non coinvolge solo l’Italia e non solo il mondo delle telecomunicazioni. È notizia recente che Blackberry sarà venduta – probabilmente con uno spezzatino – entro fine anno e in lizza ci sono diversi acquirenti. Dalle compagnie quali Microsoft, a lungo data come possibile acquirente, fino a Lenovo, produttore cinese di computer e smartphone che negli anni recenti ha acquisito la parte dei personal computer di Ibm.
Proprio Microsoft sembra essere l’azienda che più si sta muovendo in questo ultimo periodo, anche perché è rimasta indietro rispetto ai suoi concorrenti globali, quali ad esempio Google. Il gruppo diBill Gates ha una liquidità molto importante e l’acquisizione di Blackberry, oggi valutata circa 6 miliardi di dollari dal mercato, potrebbe portare grandi benefici alla società. A fronte di un “piccolo” esborso per un gruppo che capitalizza circa 260 miliardi di dollari sul mercato e che tra le altre cose, due anni fa ha acquisito Skype per 8,5 miliardi di dollari.
Sugli smartphone ha puntato anche Google che ha acquisito Motorola, mentre Amazon sta pensando di entrare nel mercato tramite l’offerta di telefoni gratuiti per i clienti “Amazon Prime”. Il vero problema di tutte queste compagnie, però, è riuscire a integrare i nuovi affari all’interno del proprio “core business” e Microsoft in questo è indietro rispetto ai suoi concorrenti. È chiaro tuttavia che le aziende americane siano in pole position. La vendita di Nokia è stato l’esempio di come il settore europeo sia rimasto indietro, a parte qualche eccezione come Vodafone.
E in prospettiva l’integrazione tra tutti questi business, che vanno da internet all’e-commerce, passando dai cellulari fino ai software, permettono di immaginare un unico mercato nei prossimi dieci anni, dove rimarranno pochi grandi attori a livello globale. I gruppi italiani sono quasi scomparsi, ma questo non è così preoccupante, perché l’importante è riuscire ad attrarreinvestitori stranieri che puntino sull’Italia per sviluppare il mercato e creare nuovi posti di lavoro.
Tuttavia, come ha dimostrato il report della competitività del World Economic Forum appena pubblicato, l’Italia continua a fare il “gambero”, essendo passata dal quarantaduesimo al quarantanovesimo posto come paese dove fare affari. E chissà dove finirà se, come rischia di fare, la Penisola resterà ai margini di questo nuovo mondo che si sta creando.
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