Un presunto fantasma fotografato da William Hope (1863-1933), fantomatico medium che al tempo realizzò diversi falsi fotografici di ectoplasmi e fantasmi. Ebbe un certo seguito prima di essere smascherato come impostore.
Fra le poche certezze dell’essere umano c’è la morte. Del resto, la coscienza di dover morire ci distingue dagli altri animali. Ma sui confini, su ciò che separa il mondo dei vivi da quello dei morti le sicurezze vacillano. Oggi come ieri. Il bisogno di mitigare l’ineluttabilità della dipartita con la speranza di un’altra vita si perde nella notte dei tempi.
La traccia più antica di rituali legati alla sepoltura risale a 90 mila anni fa: è la tomba di un cacciatore ritrovata nella grotta di Skhul (nell’odierna Israele), dove mani pietose hanno appoggiato al braccio del defunto la testa di un cinghiale, come dono. A fungere da “intermediari” fra questo mondo e l’altro erano gli sciamani. Pitture rupestri di 20 mila anni fa raffigurano i viaggi, in stato di trance, nel mondo degli spiriti, ammettendo la netta separazione fra corpo e anima (rappresentata da un uccello). Per gli antichi Egizi la vita nell’oltretomba era una tale certezza da essere descritta, con regole d’accesso dettagliate, nel Libro dei morti. Ma il viaggio nell’aldilà prevede anche un biglietto di ritorno? In altre parole, i defunti possono tornare fra noi, o perlomeno comunicare?
Morti “da paura”
Nelle sacre scritture si fa cenno a possibili contatti col mondo dei morti. Nonostante l’atteggiamento assunto più tardi dal cristianesimo, il primo episodio di necromanzia (previsione del futuro attraverso domande ai defunti) della storia è raccontato proprio nella Bibbia, dove il re Saul fa evocare da una maga il fantasma del re Samuele, per chiedergli consiglio. Anche Omero conduce Ulisse nel regno dei morti, affinché la madre e il veggente Tiresia gli indichino la strada per tornare alla sua amata Itaca. La necromanzia era proibita nella religione greca e Platone nella Repubblica e nelle Leggi considera le pratiche magiche o necromantiche degli imbrogli, mettendo in guardia dalle loro conseguenze. Si credeva, tra l’altro, che i morti detestassero essere disturbati nel loro riposo e tutto sommato suscitavano timore. Uno degli scopi dei culti funebri e delle sepolture era dunque impedire ai defunti di tornare a turbare i vivi e tenerli lontani. A Roma la separazione era codificata nella legge delle Dodici Tavole, che proibiva di sotterrare i morti all’interno della città (e infatti le necropoli erano situate lungo le vie consolari). Ma, anche se nel Medioevo i morti rientrarono in città, con i cimiteri ricavati nei cortili antistanti le chiese, la paura dei fantasmi rimase. Anzi, è proprio in quest’epoca che gli spettri conobbero il loro periodo d’oro.
Medioevo inquieto
Le apparizioni si moltiplicavano e riguardavano soprattutto il ritorno di anime che avevano fatto una brutta fine (suicidi o ammazzati, condannati a morte, donne morte di parto, annegati il cui corpo non è mai stato ritrovato ecc...). La Chiesa da una parte tentò di arginare il fenomeno e spinse spettri e fantasmi nell’area delle manifestazioni diaboliche, dall’altra lo alimentò proponendosi come intermediario. Suffragi, donazioni, preghiere diventarono lo strumento per aiutare le anime a trovare la pace eterna, senza disturbare quella terrena. Il Purgatorio, che nella dottrina cristiana compare sul finire del Duecento, fu forse il luogo in cui la chiesa “rinchiuse” i morti, preoccupata dal continuo attraversamento dei confini. Un altro tentativo di difendere i cristiani da inquietanti ritorni fu l’istituzione di una precisa giornata, il 2 novembre, dedicata alla commemorazione dei defunti. A istituire il giorno dei morti fu, attorno all’anno Mille, l’ordine monastico di Cluny, nelle cui abbazie (dicono le cronache) spettri e fantasmi facevano sentire la loro presenza. Lo stesso culto dei santi e delle reliquie è, in un certo senso, la prova della difficoltà che l’uomo medioevale aveva nell’accettare l’idea del distacco dell’anima dal corpo.
Il peso dell’anima
Nell’Ottocento, il concetto di “anima in pena” fu ripreso. Romanticamente attratti da un’epoca misteriosa e “buia”, intellettuali e artisti dell’Europa ottocentesca riscoprirono l’antica passione per i fantasmi. Ma lo fecero con lo spirito dell’epoca, cercando di dimostrarne empiricamente l’esistenza. Nasceva così lo spiritismo, una vera e propria dottrina filosofica sviluppatasi soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti.
La traccia più antica di rituali legati alla sepoltura risale a 90 mila anni fa: è la tomba di un cacciatore ritrovata nella grotta di Skhul (nell’odierna Israele), dove mani pietose hanno appoggiato al braccio del defunto la testa di un cinghiale, come dono. A fungere da “intermediari” fra questo mondo e l’altro erano gli sciamani. Pitture rupestri di 20 mila anni fa raffigurano i viaggi, in stato di trance, nel mondo degli spiriti, ammettendo la netta separazione fra corpo e anima (rappresentata da un uccello). Per gli antichi Egizi la vita nell’oltretomba era una tale certezza da essere descritta, con regole d’accesso dettagliate, nel Libro dei morti. Ma il viaggio nell’aldilà prevede anche un biglietto di ritorno? In altre parole, i defunti possono tornare fra noi, o perlomeno comunicare?
Morti “da paura”
Nelle sacre scritture si fa cenno a possibili contatti col mondo dei morti. Nonostante l’atteggiamento assunto più tardi dal cristianesimo, il primo episodio di necromanzia (previsione del futuro attraverso domande ai defunti) della storia è raccontato proprio nella Bibbia, dove il re Saul fa evocare da una maga il fantasma del re Samuele, per chiedergli consiglio. Anche Omero conduce Ulisse nel regno dei morti, affinché la madre e il veggente Tiresia gli indichino la strada per tornare alla sua amata Itaca. La necromanzia era proibita nella religione greca e Platone nella Repubblica e nelle Leggi considera le pratiche magiche o necromantiche degli imbrogli, mettendo in guardia dalle loro conseguenze. Si credeva, tra l’altro, che i morti detestassero essere disturbati nel loro riposo e tutto sommato suscitavano timore. Uno degli scopi dei culti funebri e delle sepolture era dunque impedire ai defunti di tornare a turbare i vivi e tenerli lontani. A Roma la separazione era codificata nella legge delle Dodici Tavole, che proibiva di sotterrare i morti all’interno della città (e infatti le necropoli erano situate lungo le vie consolari). Ma, anche se nel Medioevo i morti rientrarono in città, con i cimiteri ricavati nei cortili antistanti le chiese, la paura dei fantasmi rimase. Anzi, è proprio in quest’epoca che gli spettri conobbero il loro periodo d’oro.
Medioevo inquieto
Le apparizioni si moltiplicavano e riguardavano soprattutto il ritorno di anime che avevano fatto una brutta fine (suicidi o ammazzati, condannati a morte, donne morte di parto, annegati il cui corpo non è mai stato ritrovato ecc...). La Chiesa da una parte tentò di arginare il fenomeno e spinse spettri e fantasmi nell’area delle manifestazioni diaboliche, dall’altra lo alimentò proponendosi come intermediario. Suffragi, donazioni, preghiere diventarono lo strumento per aiutare le anime a trovare la pace eterna, senza disturbare quella terrena. Il Purgatorio, che nella dottrina cristiana compare sul finire del Duecento, fu forse il luogo in cui la chiesa “rinchiuse” i morti, preoccupata dal continuo attraversamento dei confini. Un altro tentativo di difendere i cristiani da inquietanti ritorni fu l’istituzione di una precisa giornata, il 2 novembre, dedicata alla commemorazione dei defunti. A istituire il giorno dei morti fu, attorno all’anno Mille, l’ordine monastico di Cluny, nelle cui abbazie (dicono le cronache) spettri e fantasmi facevano sentire la loro presenza. Lo stesso culto dei santi e delle reliquie è, in un certo senso, la prova della difficoltà che l’uomo medioevale aveva nell’accettare l’idea del distacco dell’anima dal corpo.
Il peso dell’anima
Nell’Ottocento, il concetto di “anima in pena” fu ripreso. Romanticamente attratti da un’epoca misteriosa e “buia”, intellettuali e artisti dell’Europa ottocentesca riscoprirono l’antica passione per i fantasmi. Ma lo fecero con lo spirito dell’epoca, cercando di dimostrarne empiricamente l’esistenza. Nasceva così lo spiritismo, una vera e propria dottrina filosofica sviluppatasi soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti.
Tutti i tipi di fantasmi
Qualunque cosa siano, i fantasmi non sono tutti uguali. Ecco un’approssimativa classificazione dei vari tipi di fantasmi.
Poltergeist: è uno spirito chiassoso;
Residui psichici: appaiono sempre nello stesso identico modo, nello stesso posto, facendo gli stessi gesti.
Il doppio o apparizione-crisi: è uno spettro ambasciatore di morte.
Gli spettri ciclici: fantasmi innocui che appaiono ciclicamente.
Fantasmi domestici: infestano una casa.
Ectoplasma: la materia nebbiosa che fuoriesce dal medium.
Banshee: fantasmi femminili.
Per saperne di più
Poltergeist: è uno spirito chiassoso;
Residui psichici: appaiono sempre nello stesso identico modo, nello stesso posto, facendo gli stessi gesti.
Il doppio o apparizione-crisi: è uno spettro ambasciatore di morte.
Gli spettri ciclici: fantasmi innocui che appaiono ciclicamente.
Fantasmi domestici: infestano una casa.
Ectoplasma: la materia nebbiosa che fuoriesce dal medium.
Banshee: fantasmi femminili.
Per saperne di più
Furono in parecchi a cimentarsi nell’arduo compito di “dimostrare un fantasma”. A cominciare dalle sorelle Fox, di New York, che nel 1848 divennero famose per essersi messe in comunicazione con gli spiriti che abitavano la loro casa. Nonostante il successo (nel 1852 i seguaci dello spiritismo negli Usa erano 2 milioni) e il credito che i medium ebbero anche presso il mondo culturale e scientifico (dallo scrittore Arthur Conan Doyle al fisico William Crookes, al premio Nobel Charles Richet), tavolini volanti e materializzazioni si sono sempre rivelati, alla fine, per quello che erano: trucchi. Spesso svelati dagli autori stessi dei misteriosi fenomeni.
21 grammi
Negli stessi anni ripresero fulgore anche le ricerche volte a dimostrare la “materialità” dell’anima. Già in passato ci avevano provato illustri scienziati. Il medico alessandrino Erofilo nel III secolo d.C. la cercava dissezionando i cadaveri; Cartesio, che fece altrettanto, la individuò, grande come un pisello, nella ghiandola pineale. E, ovviamente, ci provò anche Leonardo. Ma il primo che si prese il disturbo di “pesarla” fu nel 1901 il medico Duncan Macdougall (Massachusetts) che, insediatosi in una sorta di sanatorio, prese a pesare i pazienti proprio al momento del trapasso. Ebbene, con l’ultimo respiro i malcapitati perdevano 21 grammi di peso.
Non soddisfatto, l’intraprendente chirurgo estese i suoi esperimenti ai cani: constatato che le bestiole passavano a miglior vita senza dimagrimento alcuno, il dottore ne dedusse ciò che le Chiese cristiane sostengono da sempre: gli animali non hanno l’anima. Dieci anni dopo le sue celebri pesate, Macdougall si mise a cercare anche il colore dello spirito. Introdusse in una camera buia un gruppo di tisici agonizzanti e, al momento supremo, fece scorrere un fascio di luce fortissima lungo il corpo del paziente. Poiché non trovò nulla, concluse che l’indice di rifrazione dell’anima era zero e siccome qualsiasi sostanza tranne l’etere rifrange la luce, l’anima doveva essere per forza composta di etere.
Teorie “scientifiche”
Una delle ultime teorie scientifiche sui fantasmi tira in ballo l’elettromagnetismo. Secondo lo studio di alcuni psicologi britannici coordinati da Richard Wiseman, c’è una correlazione tra avvistamenti spettrali e variazione dei campi magnetici. Gli studiosi hanno analizzato Hampton Court Palace a Londra e le cripte di South Bridge a Edimburgo, dove si sarebbero verificati vari avvistamenti: ebbene, questi posti sarebbero soggetti a variazioni dei campi magnetici più elevate rispetto alla norma. Altri studi sono giunti alla stessa conclusione. Un gruppo di ricercatori ha applicato campi elettromagnetici a certe parti del cervello, come i lobi temporali, ed è riuscito a indurre nelle “cavie” sensazioni fisiche e metafisiche, come la sensazione di vicinanza a Dio. Alla stessa conclusione è giunto con i suoi esperimenti il neuroscienziato Michael Persinger, secondo il quale i campi magnetici svilupperebbero nel cervello dei volontari la sensazione di avvertire strane presenze.
Emanuela Cruciano per Focus Extra
21 grammi
Negli stessi anni ripresero fulgore anche le ricerche volte a dimostrare la “materialità” dell’anima. Già in passato ci avevano provato illustri scienziati. Il medico alessandrino Erofilo nel III secolo d.C. la cercava dissezionando i cadaveri; Cartesio, che fece altrettanto, la individuò, grande come un pisello, nella ghiandola pineale. E, ovviamente, ci provò anche Leonardo. Ma il primo che si prese il disturbo di “pesarla” fu nel 1901 il medico Duncan Macdougall (Massachusetts) che, insediatosi in una sorta di sanatorio, prese a pesare i pazienti proprio al momento del trapasso. Ebbene, con l’ultimo respiro i malcapitati perdevano 21 grammi di peso.
Non soddisfatto, l’intraprendente chirurgo estese i suoi esperimenti ai cani: constatato che le bestiole passavano a miglior vita senza dimagrimento alcuno, il dottore ne dedusse ciò che le Chiese cristiane sostengono da sempre: gli animali non hanno l’anima. Dieci anni dopo le sue celebri pesate, Macdougall si mise a cercare anche il colore dello spirito. Introdusse in una camera buia un gruppo di tisici agonizzanti e, al momento supremo, fece scorrere un fascio di luce fortissima lungo il corpo del paziente. Poiché non trovò nulla, concluse che l’indice di rifrazione dell’anima era zero e siccome qualsiasi sostanza tranne l’etere rifrange la luce, l’anima doveva essere per forza composta di etere.
Teorie “scientifiche”
Una delle ultime teorie scientifiche sui fantasmi tira in ballo l’elettromagnetismo. Secondo lo studio di alcuni psicologi britannici coordinati da Richard Wiseman, c’è una correlazione tra avvistamenti spettrali e variazione dei campi magnetici. Gli studiosi hanno analizzato Hampton Court Palace a Londra e le cripte di South Bridge a Edimburgo, dove si sarebbero verificati vari avvistamenti: ebbene, questi posti sarebbero soggetti a variazioni dei campi magnetici più elevate rispetto alla norma. Altri studi sono giunti alla stessa conclusione. Un gruppo di ricercatori ha applicato campi elettromagnetici a certe parti del cervello, come i lobi temporali, ed è riuscito a indurre nelle “cavie” sensazioni fisiche e metafisiche, come la sensazione di vicinanza a Dio. Alla stessa conclusione è giunto con i suoi esperimenti il neuroscienziato Michael Persinger, secondo il quale i campi magnetici svilupperebbero nel cervello dei volontari la sensazione di avvertire strane presenze.
Emanuela Cruciano per Focus Extra
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