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Shopping di Natale: odori e musica per farci spendere di più

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Si spalancano le porte del negozio, addobbato a festa, e i clienti vengono investiti da jingle natalizi e profumi di aghi di pino: sono le sottili e arcinote tecniche di marketing con cui i venditori cercano di rendere l'animo di chi compra più predisposto a spendere.
Psicologi ed esperti di marketing sanno bene, per esempio, che alcuni aromi, come appunto il profumo di pino durante le festività natalizie o quello di biscotti al forno in una casa in vendita, rendono più facile mettere mano al portafogli e comprare. Recentemente, sono stati pubblicati due studi che cercano di spiegare il legame tra percezioni sensoriali e predisposizione all'acquisto.
Il primo lavoro, realizzato dall'équipe di Eric Spangenberg della Washington State University College of Business, è stato pubblicato sulla rivista Journal of Retailing e si concentra sugli stimoli olfattivi. I ricercatori hanno osservato, per diciotto giorni consecutivi, 400 clienti di un negozio svizzero di decorazioni per la casa, esposti alternativamente a profumi “semplici”, profumi “complessi” e nessun profumo: dall'osservazione degli scontrini e dalle interviste rilasciate è emerso un aumento dei consumi del 20 percento in presenza dell'aroma cosiddetto “semplice”.
Secondo gli scienziati, questo risultato è dovuto al fatto che stimoli olfattivi più elementari sono elaborati più facilmente dal cervello del cliente e lo facilitano a concentrarsi sull'acquisto. Per corroborare questa ipotesi, gli scienziati hanno sottoposto ai propri studenti la soluzione di una serie di problemi in concomitanza con diversi stimoli olfattivi.
Allo stesso modo, hanno scoperto che i partecipanti risolvevano meglio e in meno tempo i rompicapi quando nell'aria era sparso il profumo “semplice” rispetto a quando non c'era alcun profumo o quello “complesso”. “La maggior parte delle persone elabora lo stimolo olfattivo a livello inconscio”, sostiene Spagenberg. “La nostra scoperta mette in luce che un profumo gradevole non è necessariamente efficace dal punto di vista del marketing: è invece essenziale che non sia troppo elaborato e 'difficile' da percepire”.
Il secondo studio, a firma Alan Bradshaw, docente di marketing alla Royal Halloway University di Londra, fa invece riferimento agli ossessivi jingle musicali che si ripetono nei negozi, soprattutto durante le festività natalizie. Scoprendo che hanno un effetto non indifferente sull'entità degli acquisti effettuati: “I ritornelli forzano l'acquirente, cercando di cambiare il suo stato d'animo, influenzare la sua percezione dello scorrere del tempo e il tipo di prodotti da comprare”, sostiene Bradshaw. “In altre parole, è un tentativo di manipolare le abitudini di acquisto senza che il consumatore se ne renda conto”.
Il problema, secondo Bradshaw, che la cosiddetta Muzak – le canzoni che fanno da sottofondo agli acquisti – potrebbe degradare arte e cultura a strumenti di controllo sociale e commerciale: “Non è un timore che riguarda solo i musicisti e la dignità del loro lavoro, perché si tratta sostanzialmente di un trionfo della grettezza commerciale sulla creatività artistica. Potrebbe anche dar luogo a implicazioni sociali negative, come la promozione di una cultura del non-ascolto”. Insomma, gli acquirenti sono avvertiti: per essere liberi di scegliere, forse è meglio turarsi naso e orecchie.

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